Trota torrente

La mia carriera piscatoria è iniziata grazie alla trota in torrente. Fin da bambino, praticamente tutto l’anno, trascorrevo i pomeriggi, dopo scuola, su e giù per il riale che scorre accanto alla casa dei miei nonni. È grazie alla pratica continua che ho affinato con il passare del tempo la precisione del lancio, la velocità, gli inneschi, il controllo della lenza, ma soprattutto il “senso dell’acqua”, dote questa impossibile da acquisire teoricamente, ma solo con l’esperienza diretta. Grazie all’agonismo, la pesca alla trota negli ultimi quindici anni si è notevolmente “tecnicizzata”. Gli approcci sono molteplici, tutti privilegiano però l’adozione di canne lunghe dai 5mt ai 13mt e dall’azione rigida per un controllo ottimale della lenza. L’attrezzo viene scelto in base all'ampiezza del letto del torrente, le misure più lunghe sono utilizzate nelle competizioni, in cui vige il vincolo del piede asciutto. La canna da trota è dotata di “teleregoli” sugli innesti, altro non sono che delle boccole che consentono l’apertura, anche parziale, dei segmenti, permettendo di adattare quindi, la lunghezza della canna al tratto di torrente che ci si trova ad affrontare. L’azione, infatti, si svolge quasi sempre sottocima, raramente si eseguono dei corti lanci, poiché, specialmente su fondali accidentati, un controllo non ottimale comporterebbe l’incaglio sul fondo. Il mulinello non riveste un ruolo importante, basta che sia di taglia piccola in maniera da non gravare, con il suo peso, sul braccio, ottime misure intorno al 1000, anche 500, se si ama sentire la mangiata del pesce tenendo il nylon in mano, eccellenti sono i modelli a bobina chiusa che impediscono le parrucche dovute alla lenza non in tensione. Il filo imbobinato, se colorato, consente di evitare l’utilizzo del segnafilo. I finali per tutte le tecniche variano dallo 0.16 allo 0.18 è utile scendere solo in caso di acqua chiarissima e corrente scarsa. Le lenze che consiglio a chi inizia sono tre.

A) Pallettone

B) Corona

C) Diretta

montature trota

(Figura A) La prima montatura si caratterizza per l’utilizzo di una biglia di piombo forata, di peso variabile dal grammo a salire, da cui prende il nome. Consente una gestione ottimale della lenza nelle buche più profonde o quando si desidera tagliare velocemente una corrente sostenuta. Giunta sul fondo. Il peso può essere fatto saltellare in favore di corrente, fermato sul fondo perche si presume ci sia una trota nei paraggi o recuperato lentamente controcorrente per mettere in rotazione l’esca e stimolare così il pesce apatico.

(Figura B) La lenza che permette una passata ottimale nei raschi e nelle piane è senza dubbio la corona di pallini. Permette di esplorare tutti gli anfratti e di presentare il boccone in maniera eccellente se a guidarla è un polso esperto. I pallini utilizzati devono essere di tipo duro per impedire la perdita di posizione e pinzati su uno spezzone di lenza intorno al metro. La loro numerazione (solitamente intorno al n°4), quantità e disposizione (equidistribuiti o a infittirsi in punta) dipende dagli ambienti frequentati. Purtroppo la corona “standard” non esiste. Le varianti dettate dai diversi regimi torrentizi sono infinite, sta all’interpretazione e sensibilità del pescatore capire la più adatta.

(Figura C) Il terzo tipo di montatura è sicuramente la più “rozza” costruita prettamente per i riali di montagna. Due o tre spaccatine pinzate direttamente sul filo madre (preferibilmente clear), l’amo può essere legato direttamente al filo del mulinello oppure unito a questa tramite un corto spezzone di filo, anche senza interporre una girella. Certamente la lenza madre subirà inevitabili torsioni… ma gli ultimi 10 metri di nylon al termine della pescata andranno a farsi benedire comunque, per gli inevitabili “sfregamenti” che lo intaccheranno. La canna se si pesca in ambienti infrascati può anche essere una corta telescopica. L’azione di pesca quindi potrà prevedere dei lanci in cui la precisione sarà fondamentale.

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